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La risposta di Umberto Santino a Einaudi

La risposta di Umberto Santino a Einaudi

prot. 892/10; palermo, 26.11. 2010

Spett.le Giulio Einaudi spa
Via Umberto Biancamano 2
10100 Torino

All’attenzione dell’Amministratore delegato
Antonio Baravalle

Oggetto: Vostra risposta del 26.10.2010 alla lettera-diffida del Centro del 4.10.2010
(in corsivo la lettera di Einaudi)

A riscontro della Vostra del 26 ottobre 2010, osservo quanto segue:

1 Riteniamo ingiustificate, gravi e diffamatorie, anche per le modalità con le quali sono state diffuse all’opinione pubblica, le affermazioni da Voi effettuate in ordine alla non correttezza e alla lesività di quanto dall’autore e dalla nostra casa Editrice pubblicato, nonché l’accusa di “ricostruzione… quantomeno grossolana e superficiale” e le ulteriori analoghe nella Vostra missiva riportate.

Non vedo come possano essere ritenute “ingiustificate, gravi e diffamatorie” le affermazioni contenute nella nostra missiva con cui chiediamo che venga ristabilita la verità dei fatti. I fatti parlano chiaro: i processi (non il processo) contro i responsabili dell’assassinio di Peppino Impastato sono cominciati prima dell’uscita del film (lo ribadiamo: quello contro Vito Palazzolo è cominciato nel marzo del 1999, quello contro Gaetano Badalamenti nel gennaio del 2000. Il film è stato presentato a Venezia il 31 agosto ed è andato nelle sale nei mesi successivi). E la Commissione parlamentare antimafia aveva costituito il Comitato che indagava sul depistaggio delle indagini nel 1998, esattamente il 27 ottobre. Inoltre, come rilevato ampiamente nella nostra lettera, le indagini sull’assassinio si erano aperte, richiuse e riaperte varie volte, grazie all’impegno dei familiari, nei primi anni di alcuni compagni di militanza e sempre, fin dal giorno successivo al delitto, del Centro siciliano di documentazione dal 1980 intitolato a Giuseppe Impastato. Questa è la verità, incontestabile, dei fatti.
Osservo inoltre che ci siamo limitati a dare comunicazione alla stampa della nostra iniziativa e che negli interventi, interviste e altro, successivi, abbiamo semplicemente ribadito le nostre ragioni. Non vedo perciò cosa ci sia stato di “ingiustificato, grave e diffamatorio” nelle modalità di diffusione della nostra lettera.
La ricostruzione fatta dall’autore è “quanto meno grossolana e superficiale” poiché ignora la realtà dei fatti, a cominciare dal numero dei processi, e attribuisce a un film la capacità di “riaprire un processo”, cosa che non solo non è avvenuta ma è inverosimile perché non si vede come un film possa da solo generare effetti dal punto di vista giudiziario e processuale.
Si fa presente inoltre che l’autore, che in ogni caso prima di scrivere avrebbe avuto il dovere di informarsi, il 26 agosto del 2009 ha partecipato alla presentazione a Cinisi del libro di Giovanni Impastato e Franco Vassia, con prefazione mia, Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, libro in cui si dà ampiamente conto di quanto accaduto dopo l’assassinio, ha parlato del ruolo del film ed è stato informato del lavoro svolto dai familiari e in particolare dal Centro siciliano di documentazione ben prima dell’uscita del film. Di tali informazioni non ha voluto tener conto.

2. Eppure una semplice e attenta lettura del testo da Voi contestato , soprattutto, del contesto nel quale esso è inserito, rende evidente che le affermazioni dell’autore nulla tolgono al ruolo svolto dal Centro siciliano di documentazione “G. Impastato”, né tanto meno si propongono l’obiettivo di una ricostruzione storica del delitto Impastato e delle vicende processuali successive.

In realtà il Centro è totalmente ignorato (tranne che si voglia alludere al Centro con l’accenno ai “pochi amici”). Ebbene, non ero “amico” di Peppino Impastato, non solo per la notevole differenza di età (sono nato nel 1939, Peppino nel 1948), ma anche perché militavamo in formazioni politiche diverse, e ci conoscevamo solo di vista. Il Centro, fondato da me e da Anna Puglisi nel 1977, gli è stato dedicato perché abbiamo ritenuto Peppino Impastato un caso unico nella storia delle lotte alla mafia per la sua provenienza da una famiglia mafiosa.
Il testo non è una “ricostruzione storica” ma in sintesi lo è, con affermazioni che dimostrano l’assoluta disinformazione dell’autore, anzi, più precisamente la sua volontà di non tenere conto delle informazioni contenute nel libro Resistere a Mafiopoli, che era venuto a presentare, e delle altre fornite nel corso dell’incontro a cui ho già accennato. Per la semplice ragione che se avesse tenuto conto di esse sarebbe caduta la tesi sostenuta nel suo libro, e cioè che la parola, questa volta sotto forma di un film, ha avuto l’effetto di “riaprire” il processo e recuperare la memoria.

3. L’obiettivo del testo “La parola contro la camorra” dal quale sono state estrapolate le frasi ritenute in maniera apodittica lesive dell’identità del vostro cliente, è evidentemente quello di sottolineare il ruolo rilevante che può avere un film e, in generale, ogni forma di media, rispetto al compito di riportare alla memoria dell’opinione pubblica episodi di cronaca di primo piano.

Ripeto: il film non ha avuto nessun effetto sul piano giudiziario e processuale. Il film ha certamente fatto conoscere la figura di Peppino Impastato a un pubblico molto più ampio di quello che siamo riusciti a raggiungere con il nostro lavoro, svolto con mezzi limitati (il Centro è stato e continua ad essere totalmente autofinanziato, poiché contesta le pratiche clientelari con cui vengono erogati i fondi pubblici).
E non siamo per niente d’accordo nel classificare quanto è accaduto tra i gli “episodi di cronaca di primo piano”, alla stregua di fatti di cronaca nera. L’assassinio mafioso di uno dei più significativi militanti del movimento antimafia, che rappresenta un caso unico per la sua provenienza da famiglia mafiosa e per avere cominciato la sua lotta a partire dal contrasto con il padre e la parentela, la rottura della madre e del fratello con la parentela mafiosa, il depistaggio operato da esponenti di primo piano della magistratura e delle forze dell’ordine, l’attività incessante dei familiari e del Centro, fino al risultato pienamente positivo sul piano giudiziario, con la condanna dei mandanti, e politico-culturale, con la relazione sul depistaggio della Commissione parlamentare antimafia, un fatto unico nella storia della Repubblica, non registratosi neppure per le stragi che hanno insanguinato l’Italia, da Portella della Ginestra a piazza Fontana, a Brescia, alla stazione di Bologna: questi fatti sono capitoli di una Storia d’Italia non un “episodio” di cronaca.
E c’è da far notare che anche il film non sarebbe “nato” se non ci fosse stato un impegno quotidiano dei familiari e del Centro per salvare la memoria di Peppino Impastato, con molteplici attività, a cominciare dalla manifestazione nazionale contro la mafia del 9 maggio 1979, nel primo anniversario dell’assassinio, la prima della storia d’Italia, organizzata quando di mafia non parlava più nessuno e veniva generalmente considerata un fatto meramente locale e in via di estinzione.

4. In conclusione le affermazioni dell’autore Saviano non sono in alcun contrasto con la verità storica, ma stanno a testimoniare, a partire dall’indubbio successo del film “I cento passi” e dell’attenzione che ha destato a livello nazionale, l’importanza di tutti i media nel ricordo delle vittime di mafia, tema del resto dell’intero DVD e del libro contestato.

Il contrasto è evidente perché la verità storica è quella che abbiamo rappresentato, con ampia documentazione, dalla ricostruzione delle vicende giudiziarie al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare, precedentemente e indipendentemente dal film. Il libro e il video da cui sono tratti i testi pubblicati nel volume, ignorano completamente tale realtà storica, anzi la stravolgono, attribuendo al film un ruolo che non ha avuto nella maniera più assoluta. Ribadiamo: il film non ha avuto nessunissimo ruolo per quanto riguarda la verità giudiziaria e processuale e la relazione della Commissione antimafia. Non c’è dubbio che i media siano importanti per ricordare le vittime della mafia ma qui si parla della verità storica che nel libro viene ignorata e stravolta.

5 Appare peraltro singolare che l’accusa provenga in assunta difesa della dignità e dell’immagine di persone (peraltro, a meno che non facenti parte del Centro da Voi rappresentato, non firmatarie della comunicazione e che, anzi, hanno manifestato la propria vicinanza all’Autore anche in occasioni pubbliche), quali amici e familiari, che, oltre tutto, sono state espressamente richiamate nel medesimo testo, come da Lei stesso riconosciuto.

Si fa notare che Giovanni Impastato, fratello di Peppino, aveva già firmato la lettera inviata al quotidiano “la Repubblica” il 25 marzo 2010, e pubblicata con un vistoso taglio il 3 aprile (il ritardo nella pubblicazione è stato motivato dal redattore del giornale con il fatto che avevano chiesto a Saviano se voleva replicare, ma lo scrittore non ha replicato). Inoltre lo stesso Giovanni Impastato in data 8 novembre vi ha inviato una lettera, firmata anche dalla moglie, Felicia Vitale, in cui dichiara di condividere pienamente quanto scritto nella nostra missiva. Sia Giovanni Impastato che la moglie fanno parte del Centro, fin dal 1980, data della sua costituzione formale e dell’intitolazione a Giuseppe Impastato,
La manifestazione di vicinanza a Saviano non significa rinuncia all’affermazione della verità storica. Anche il Centro ha espresso solidarietà all’autore per le minacce ricevute e per le condizioni in cui è costretto a vivere, ma questo non preclude la richiesta che venga ripristinata la verità storica, oscurata, anzi cancellata, dalle affermazioni contenute nel libro e nel DVD.

6. Per tali motivi motivi, non riteniamo dovuta alcuna rettifica né, tantomeno, il ritiro dell’Opera dal commercio, e sin d’ora Vi precisiamo che ulteriori iniziative diffamatorie nei confronti della nostra casa Editrice saranno perseguite nei termini di legge con Vostro aggravio di spese e di oneri.

Ribadiamo: la rettifica è dovuta perché le affermazioni contenute nel libro non sono veritiere e la richiesta che venga ripristinata la verità storica non ha in nessun modo contenuto diffamatorio. Pertanto continueremo a difendere le nostre ragioni con tutti i mezzi che riterremo opportuni per salvaguardare l’identità e la storia del Centro.

Umberto Santino
Presidente del Centro Impastato