La lavatrice antimafia
Umberto Santino
La lavatrice antimafia
Più volte si è parlato di antimafia spettacolo o di facciata, di contrasti e guerre di religione tra le varie componenti dell’antimafia. Ora arrivano notizie che mostrano che l’antimafia è o può essere una lavatrice che serve per il riciclaggio di personaggi con una storia non proprio lodevole. Prima è toccato all’imprenditore Antonello Montante, accusato da mafiosi collaboratori di giustizia di rapporti con la mafia, ora il presidente della Camera di commercio di Palermo Roberto Helg è stato colto in flagrante mentre intascava una tangente, grazie a un pasticciere di Cinisi, Santi Palazzolo, che ha finto di versagli la somma richiesta per continuare ad usare uno spazio nell’aeroporto Falcone e Borsellino. I commenti alla notizia vanno dalla sorpresa all’amarezza. Sarebbe il caso di sorprendersi e amareggiarsi di meno e provare a riflettere, al di là dell’episodio.
L’antimafia degli ultimi anni non può che rispecchiare il contesto in cui si è sviluppata. Con un’economia legale in crisi e un’accumulazione illegale in gran forma le mafie sono diventate soggetti economici di primo piano, tanto che ora nel PIL si inseriscono i proventi di attività formalmente illegali ma di fatto legalizzate. Contrastarle è diventato sempre più difficile. Le forze politiche, con la cosiddetta “fine delle ideologie”, somigliano sempre più alle corti di capi più o meno carismatici, il cui potere si fonda più sulla fascinazione mediatica che su capacità reali. Il potere reale è nelle mani di chi dirige e gestisce il mercato, più quello finanziario che quello produttivo, in cui è sempre più difficile distinguere illegale e legale. In questo quadro, con analisi e strategie datate e soggetti interessati a mantenere scampoli di potere con qualunque mezzo, si spiegano l’inadeguatezza della legislazione internazionale e nazionale rispetto agli sviluppi dei fenomeni mafiosi attuali, e in Italia l’inconsistenza della Commissione parlamentare antimafia, i fallimenti nella gestione dei beni confiscati, in particolare delle imprese. Il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, nonostante i condizionamenti dovuti alla mancanza di uomini e mezzi, ha al suo attivo buoni risultati nella repressione dell’ala militare, ma con colossali “infortuni” come quello dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, dovuto a un uso “disinvolto” delle dichiarazioni di un falso “pentito”. Sul piano delle inchieste su mafia e politica si è fatta una delega in bianco alla magistratura che non può supplire al disimpegno degli altri poteri istituzionali, che continuano a registrare collusioni e complicità.
Sul piano dell’antimafia civile siamo in presenza di un mondo composito ma con la netta prevalenza di guru e teatranti (“saltimbanchi”, diceva la madre di Peppino Impastato). Le narrazioni sono in gran parte affidate a professionisti e dilettanti del racconto ad effetto, per cui dopo l’imperversare della “mafia imprenditrice” assistiamo alla messa in vetrina della “Cosa grigia”: terminologie che hanno a che fare più con i messaggi pubblicitari che con la ricerca. Buona parte delle iniziative vedono l’esibizione di familiari di vittime più o meno illustri, spesso presi in prestito da una politica alla ricerca di foglie di fico, di magistrati che dopo qualche passaggio in televisione sono scambiati per salvatori della patria. Con una crisi della legalità profonda e strutturale, si capisce che ci sia bisogno di testimonianze ed esempi, ma ci sarebbe ancora più bisogno di lucidità e competenze.
Che un personaggio come Helg, fallito come imprenditore, sempre pronto a mettersi con chi vince, prima con i berluscones poi con gli attuali governanti, abbia avuto incarichi prestigiosi e riconoscimenti come il cavalierato e la commenda, non mi sorprende affatto. Ha saputo recitare la sua parte sul palcoscenico di un’antimafia senza memoria e senza storia, in cui si fa presto a rifarsi i connotati. Per fortuna c’è qualcuno, come l’ottimo pasticciere di Cinisi, che riesce a smontare il gioco. Bisognerà vedere se a recitare la parte di antimafioso doc c’è stato solo Helg o se è in buona compagnia.
Post Scriptum. Mentre il “paladino dell’antiracket” era in manette, un altro pasticciere, Alessandro Marsicano, dichiarava che vuole chiudere il negozio al villaggio Santa Rosalia, perché non ce la fa più a sopportare danneggiamenti e intimidazioni da parte degli estorsori che ha denunciato. C’è qualcuno disposto ad aiutarlo, non solo a fargli visita e stringergli la mano?
Pubblicato su Repubblica-Palermo del 6 marzo 2015, con il titolo: Guru, slogan e teatranti dell’antimafia senza storia.